Sindrome da Zelig


Sindrome da Zelig

dott. Ingrid Bersenda

 

Nel film di Woody Allen del 1983 viene raccontata la storia di un uomo affetto da un sorprendente disturbo mentale che lo costringe ad assumere l’identità di chi ha di fronte.

 

In psichiatria e psicologia ci sono stati molti casi di pazienti che dopo una lesione cerebrale hanno trasformato la loro personalità in maniera irreversibile e irriconoscibile e hanno iniziato a soffrire di gravi disturbi psichiatrici.

 

Già nel 1868 Harlow (Harlow J. – Recovery from the passage on iron barb trough the head. Pubblications of the Massachussets Medical Society 1868;2:327- 346.) riportò la descrizione delle modificazioni comportamentali conseguenti a un esteso danno frontale di un paziente il quale, durante un incidente sul lavoro, fu colpito da una sbarra di ferro che penetrò nella parte inferiore del cervello lesionando le regioni orbito-mediali di entrambi i lobi frontali. Prima di questo trauma il paziente era stato descritto come un uomo efficiente; successivamente fu descritto come incostante, capriccioso, volubile, irriverente, incline alle più pesanti oscenità, intollerante delle costrizioni o dei consigli, ostinato.

 

A Napoli alcuni anni gli psicologi Conchiglia, Della Rocca ed altri hanno scoperto il caso di A.D., un paziente di 65 anni che dopo aver avuto danni al lobo frontale-temporale ha sviluppato una sindrome simile a quella di Zelig: al bar diventava barman, il cucina diventava cuoco e cambiava comportamento, a seconda del contesto in cui si trovava. Diventava come Zelig è uno, nessuno e centomila.

 

A.D. dimentica l’identità appena assunta quando assume la successiva, anche se rimane osservabile, pur attraverso le sue camaleontiche sembianze psicologiche, il filo rosso della sua personalità e del suo carattere.

Si dice camaleontico, perché come I camaleonti, si trasformava e adattava in maniera estrema all’ambiente in cui si trovava.

A.D è diverso dai pazienti con sindrome da dipendenza ambientale, anche detta sindrome d’uso o comportamento di utilizzazione, che imitano i gesti dei loro interlocutori, o  tendono a usare tutti gli oggetti che hanno davanti.
La sua caratteristica speciale è la totale e onnipervasiva immersione in un contesto, come se avesse perso la capacità di mantenere costante la propria identità e si adattasse eccessivamente ai ruoli (e non a semplici stimoli) proposti di volta in volta dall’ ambiente che lo circonda.

 

Nel caso del paziente A.D. dagli esame è emerso che soffriva di gravi disturbi della memoria autobiografica (quella che consente di ricordare gli episodi salienti della propria esistenza), confabulazioni (ovvero discorsi incoerenti e fuori contesto) e anosognosia (mancanza di consapevolezza della propria malattia).

La sindrome Zelig in realtà non viene considerate nel Manuale DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders o «Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali») tra I disturbi psichiatrici dove vengono classificati disturbi quali la anoressia, la bulimia, le nevrosi ed altro, poiché I casi zelig sono pochi nella storia.

Il Leonard Zelig di Allen è letteralmente l’immagine proiettata degli altri, uno specchio che restituisce alle persone la propria immagine e dipende in parte dall’ambiente in cui si trova. Infatti Leonard Zelig è nato a New York, ed è stato figlio di una matriarca e di un fallito attore yiddish, è un poveraccio con un’insaziabile sete di affetto, che risale alla sua triste infanzia di emarginato ebreo. Invece di carezze e baci ha ricevuto in sovrabbondanza bastonate. Questa carenza affettiva portò Zelig a identificarsi psicologicamente e fisicamente con le persone che incontra: la carenza affettiva che ha subito nelle relazioni familiari e sociali hanno influenzato la sua vita.

Il sistema relazionale familiare in cui ha vissuto non gli ha permesso di essere ascoltato e voluto bene e questo lo ha portato ad aver bisogno di cercare inesorabilmente l’approvazione degli altri.

Oggi giorno si assiste spesso a casi di persone che tendono a volersi adattare all’ambiente in cui si trovano, imitano le mode e i modelli in modo estremo. Questo è inevitabilmente stimolato dai mass media, ma c’è una predisposizione neurologica o sistemico relazionale ad influenzare I veri fenomeni di bisogni di imitazione. Sicuramente I bambini che hanno la possibilità di vivere in ambienti pronti all’affetto e all’ascolto e in cui ci sono valori chiari, basati sulla lealtà ed altro, c’è minore probabilità di arrivare al patologico.